Arrivai a Torre del Lago a circa mezzora dall’alba.Il paese era immerso nel sonno cullato dalle onde leggere del lago di Massaciuccoli che s’infrangevano dolcemente sui pontili.Era Domenica,una pungente Domenica di Novembre con la nebbia che mi aveva accompagnato da Firenze,in autostrada,fino a qui e che conferiva al paesaggio un aspetto irreale levandosi dal lago come fumo di brace e all’immaginazione, possibile qualsiasi cosa.. anche magia.Il sapore del caffè, bevuto frettolosamente in autostrada mentre facevo il pieno di benzina,era già sparito soffocato da fumo di troppe sigarette.Mentre pensavo che sarebbe stato il momento di berne un altro,come per chissà quale sortilegio dalla parte opposta della piazza si fece udire il,classico rumore cigolante di una saracinesca che veniva aperta e ciò che non osavo sperare si avverò.La nebbia lasciò filtrare la debole luce di una insegna:Bar pasticceria.La giornata non poteva iniziare meglio.Mi avviai verso quella che in quel momento consideravo un’oasi nel deserto.Entrai nel bar dove fui accolto da un buongiorno detto in coro da tre persone.Il barista.suo figlio e il vecchio Beppe che con aria vispa si sorbiva un grappino.Beppe,vecchio pescatore e barcaiolo nativo del posto che avevo conosciuto dietro indicazione di alcuni amici di pesca,aveva accettato di buon grado ad accompagnarmi in barca sul lago a pesca di lucci alla sola condizione.mi aveva detto,di regalargli una una robusta canna da lancio per pescare i lucci col vivo.Cosa che,grazie all’amico Sergio Bernardoni proprietario di un famoso negozio di articoli da pesca,non mi fu difficile reperire.Beppe,con la classica parlata viareggina così apostrofò il mio ingresso nel bar:bene che sia arrivato in anticipo so’Luciano così ci beviamo in pace un grappino e così dicendo mi porse un bicchiere stracolmo fino all’orlo di grappa.Un po’ per non deludere il vecchio Beppe,un po’ per no apparire agli occhi del corpulento barista un cittadino tutto acqua e latte,trangugiai ostentando naturalezza e fair play quell’acqua di fuoco e poi dopo un caffè feci anche il bis.Consegnai a Beppe la famosa canna che mi aveva chiesto che a giudicare dai suoi apprezzamenti doveva senz’altro superare di gran lunga le sue aspettivive.Tutto ciò mi fece meritare un altro grappino che se non altro mi rallegrò il cuore e mi tolse l’ultimo brivido di freddo:poi mentre Beppe si recava alla barca per togliere gli ormeggi oppure non so per quale altra diavoleria da fare,trassi dalla macchina la mia attrezzatura per la battuta consistente in una robusta canna da spinning sui due metri e mezzo equipaggiata di un altrettanto robusto mulinello caricato con monofilo dello 0,35,finale lenza in cordino d’acciaio ed un forse troppo eccessivo assortimenti di cucchiai,rapala,pesciolini finti e artificiali vari.Finalmente salimmo in barca,stava facendo giorno.Ci dirigemmo a sud costeggiando i folti canneti che delimitavano i contorni del lago creando delle ampie insenature.Nella fitta nebbia Beppe remava con sicurezza ed io  ascoltavo come estasiato lo sciacquìo delle onde che assumevano nel silenzio un suono dolce,sopraffatto a tratti dal canto incredibilmente vicino di un gruppo di Folaghe.Come ad ogni inzio di battuta di pesca l’eccitazione mi stava pian piano invadendo accompagnata da un leggero senso d’angoscia dovuta forse a quel meraviglioso e misterioso scenario del lago immerso nella nebbia.Accesi una sigaretta e mentre pensavo già all’azione e con la fantasia mi vedevo alle prese con pesci enormi e di chissà quale inesistente specie,la voce rude di Beppe ruppe il silenzio fugando i miei pensieri: Ecco siamo arrivati! Questo è il posto giusto! E così dicendo trasse in barca i remi e sedendosi in modo da  lasciarmi ampio spazio di movimento si impegnò nell’operazione di metter tabacco nella sua vecchia pipa con gesti sicuri e precisi quasi fosse un rito,estraniandosi completamente,almeno apparentemente,da tutto ciò che lo circondava.Davanti a me vi era una stretta insenatura delimitata da folti canneti palustri che dopo diversi metri lasciavano ai miei occhi la visone del lago aperto fumante di nebbia.Il silenzio adesso era perfetto ed ogni mio piccolo movimento provoca suoni che alle miei orecchie diveniva boati.Mi alzai in piedi e trovata la giusta posizione. Finalmente effettuai il primo lancio mandando l’ondulante ad immergersi vicinissimo alle canne.Iniziando il recupero,quando già pensavo di sostituire l’artificiale con uno ruotante,avvertii due forti abboccate in rapida successione ma non riuscii a ferrare il pesce forse a causa del tragitto troppo corto del recupero.Intanto la nebbia si era fatta più fitta tanto che adesso non riuscivo a scorgere il largo del lago.Beppe non sembrava interessato a seguire le fasi della pesca e se ne stava in balia di chissà quali pensieri aspirando il suo puzzolente tabacco,quasi sicuramente un trinciato forte,come se tutto ciò che lo circondava non lo riguardasse affatto.Decisi di lanciare più lontano verso il lago aperto.Non vidi dove andò ad inabissarsi l’artificiale.Maledetta nebbia!Giudicai che fosse stato un buon lancio dal tempo che passò dallo stesso al sentire il  classico pluf del cucchiaio che cadeva in acqua.Con la strana e spiacevole sensazione di non avere la certezza di dove avessi esattamente lanciato iniziai il recupero.Pochi giri di manovella ed accadde l’imponderabile: un gran colpo mi avvisò che l’artificiale era stato gradito da qualche pinnuto abitatore di quello specchio d’acqua.Allentai la frizione al mulinello e la lotta ebbe inizio.Fu un lungo tira e molla non certo agevolato dalla totale assenza di visibilità ma nonostante tutto riuscii a portare il pesce vicino alla barca ed il rischio adesso era che quello vi s’infilasse sotto e stringendo tutta la frizione tenendo il pesce in tensione continua riuscii non so come ad evitare che ciò accadesse.Poi lo vidi a fior d’acqua in tutta la sua orrida bellezza.Era un luccio di buona taglia:Beppe che fino a quel momento aveva seguito la lotta con sguardo di sufficienza,improvvisamente agilissimo prese dal fondo della barca il retino e mentre trascinavo la bestia ormai esausta, la trasse a bordo.Era un bel luccio sui 10 chili.Intanto la nebbia si era dissolta lasciando lo spazio ai raggi di un debole sole invernale che riscaldava poco ma che certo rallegrava il cuore.Rimanendo nello stesso posto la pesca si dimostrò redditizia.Altri bei tre lucci di cui uno solo sotto i due chili.Ma il magico momento dell’intera giornata fu quello regalatomi dalla prima cattura.L’incontro con quel grosso luccio avvolto nella nebbia che da anni mi attendeva in quel profondo e misterioso lago.