NEVE ALTA E CAVEDANI di Luciano Edili

Correva l’anno 1965.Quell’inverno la neve non mancò,anzi nevicò al punto tale che sebbene avessi allora solo 17 anni non ricordavo a memoria un’altra nevicata uguale nella nostra città.Abitavo a quell’epoca alle Cure,zona periferica ai piedi di Fiesole ed il ritrovo preferito per ritrovarsi con gli amici che come me condividevano la passione per la pesca era una botteguccia di articoli sportivi, con poca scelta a dire il vero,da pesca della zona dove con la scusa di acquistare un galleggiante e un po’ di ami passavamo gran parte del nostro tempo a parlare fra noi e con il Roberto,l’allora proprietario del negozio,anch’esso pescatore sfegatato.Naturalmente parlavamo di pesca,di catture eccezionali,di pesci persi all’ultimo tuffo,di giornate andate in bianco per le quali trovavamo sempre una valida scusante e di tutto ciò che insomma riguardava la pesca,questa nostra radicata passionaccia.Per Roberto provavamo una malcelata ammirazione in quanto sui pesci ed i vari modi per pescarli la sapeva veramente lunga e ce lo aveva dimostrato tante..troppe volte sul fiume,facendo il cestino pieno mentre noi,sebbene carichi di entusiasmo,andavamo quasi regolarmente in bianco.Inutile dire quindi che accoglievamo i suoi consigli come oro colato.
Era un tardo pomeriggio di sabato,c’eravamo veramente tutti nella botteguccia:il sottoscritto,Stefano,Giovanni e Fabio.immersi in racconti e discussioni,seduti a semicerchio intorno alla vecchia stufa a kerosene mentre fuori la neve aveva appena cessato di cadere trasformando le vie della città in candidi nastri di seta e facendo pian pian piano invadere i nostri animi di una dolce sensazione di tranquillità.Fummo interrotti nel bel mezzo di un’accesa discussione dal Roberto che interrompendoci sul più bello e lasciandoci a bocca aperta disse: domani mattina vado per cavedani,a Rignano sull’Arno,vicino al ponte e vedrete che se al l’amo ci metto i pallini di pollo…son pesci sicuri.Considerato il tempo che faceva, le nostre espressioni furono un misto di stupore e incredulità,condite dal sospetto che il Roberto ci volesse prendere in giro.Ma guardando meglio il suo ghigno e ben sapendo da che pulpito veniva la predica fui il primo a parlare: ci vengo anch’io dissi.Stefano,dissipando definitivamente l’atmosfera di dubbio e scetticismo,alzandosi in piedi e spegnendo nervosamente la sua sigaretta,parlò per tutti.Veniamo anche noi! Si tutti! Così la combriccola fu formata.Una squadra di cinque pazzi per insidiare i cavedani con la neve a mezza gamba.Roberto,visibilmente felice di averci svegliato dal torpore dei ricordi del fiume che da mesi non vedevamo con voce volutamente dittatoriale ordinò: forza allora,non perdiamo tempo,andate da Gigi il pollaiolo e fatevi dare quel pacchetto che gli ho fatto preparare stamani.Dunque era tutto premeditato.Ancora una volta quella vecchia volpe del Roberto aveva colpito nel segno.Stefano e Giovanni si avviarono velocemente alla volta di Piazza delle Cure da Gigi il pollaiolo per andare a prendere i famosi pallini di pollo che per chi non lo sapesse sono la milza del pollo,che a Firenze chiamiamo così.Intanto noi,in bottega,cominciammo ad esporre i nostri dubbi sull’esito della battuta dell’indomani.Ma Roberto,per tutta risposta,ci narrò di catture di grossi cavedani,risalenti all’anno prima proprio in quel periodo a Rignano Sull’Arno, a cui naturalmente aveva partecipato.Un po’ perchè sapevamo che Roberto non era un “ballista”.un po’ perché la voglia di tornare a pesca era tanta,fugammo ogni dubbio e ci impegnammo in scelte meticolose di ami,di galleggianti e varie,tutto ciò che insomma ci sarebbe potuto servire l’indomani mattina.La fredda luce del giorno ci trovò in attesa del nostro maestro in pesca che arrivò in ritardo di pochi minuti sul luogo dell’appuntamento fissato.La città era ancora silenziosa ,quasi la neve avesse fermato il tempo.Solo qualche finestra illuminata ci faceva indovinare all’interno delle case qualche persona ancora un po’ addormentata che si apprestava ad alzarsi così presto di Domenica per chissà mai quale ragione.La vecchia seicento di Roberto arrivò lasciando tracce sulla neve.In un attimo eravamo a bordo dopo naturalmente esserci disputati a spintoni il posto anteriore.Le canne,le famose fiorentine,costruzione
Arduino,furono fissate con vecchi elastici sul portabagagli.Così il viaggio ebbe inizio fra battute scherzose,fumo di sigarette e tavolette di buon cioccolato distribuita da Stefano,noto goloso della zona.Sbuffando e lasciando dietro di se una vera e propria cortina fumogena,che lasciava indovinare tutta la sua vecchiaia,la seicento ci portò fino a Rignano.In riva al fiume non c’èra anima viva.Solo soffice neve e arbusti scheletriti dal ghiaccio.L’acqua era bellissima,di un verde intenso e gelido che metteva i brividi.In un attimo fummo sulla sponda.La corrente era giusta per la pesca alla passata.Ci disponemmo in fila con Roberto a monte che gettava copiosamente in acqua interiora di pollo allo stato naturale poiché,come diceva lui,se non c’era l’aroma i pesci non avrebbero gradito la pastura.Ecco ora tutti e cinque i galleggianti erano in pesca.Fra una razzolata e l’altra andavamo a scaldarci come meglio potevamo ad un piccolo falò che alimentavamo ogni tanto con sterpi e arbusti irriditi dal gelo.Passò forse una mezz’ora e la prima canna si piegò,da brava fiorentina,ad arco.Come al solito il suo proprietario era Roberto che con maestrìa, giostrava con il sorriso sulle labbra,quasi sicuramente un cavedano di buone dimensioni.Infatti,mentre ancora guizzava nel guadino,fu da noi giudicato intorno al mezzo chilo.Questa cattura fece si che tutti ci impegnammo nella pesca e dopo pochi minuti fu la volta di Stefano:ancora un grosso cavedano!Dopo di che fu une vero e proprio carosello di catture.I cavedani parevano venire tutti dallo stesso stampo,tanto erano uguali fra loro.Soltanto uno si distinse tra gli altri per il suo ragguardevole peso di un chilogrammo.Naturalmente fu catturato ancora da “lui”,l’artefice di quella splendida mattinata di pesca che ci vide ritornare a casa visibilmente felici.E per finire in bellezza non trascurammo la fermata la bar dove eravamo di casa e dove da perfetti esibizionisti raccontammo ad amici e avventori,tra i quali anche dei pescatori che quella mattina avevano preferito le calde coltri del letto,dei ben sette chili di cavedani,pesati in nassa e poi rilasciati,forse caduti dal cielo nel fiume,il giorno prima insieme a tanta neve